Complicanze
Anche la laparoscopia, come tutti gli atti medici e chirurgici, può presentare dei rischi.
I rischi correlati all’intervento possono essere generici specificamente correlati alla tecnica laparoscopica o alla procedura chirurgica (a seconda dell’area/organo interessati).
RISCHI GENERICI
- infettivi
- emorragici
- trombotici
- anestesiologici
I rischi generici come per tutte le procedure chirurgiche sono anche condizionati negativamente (aumentano) da eventuali patologie concomitanti della paziente. Tra questi i più comuni sono le complicanze infettive ed emorragiche.
La febbre nell’immediato postoperatorio è comune e può essere associata al processo infiammatorio tipicamente connesso alla procedura chirurgica. Qualora sia persistente può essere spia di un processo infettivo sovrapposto con necessità di eventuali approfondimenti diagnostici (strumentali e laboratoristici) atti ad identificarne l’origine. Generalmente si risolve con la somministrazione di adeguata terapia antibiotica ed antiinfiammatoria rara la necessità di reintervento. Il rischio di emorragia intraoperatoria è estremamente contenuto e qualora si verifichi viene prontamente controllato in sede di intervento. Normalmente anche qualora si realizzi tale evenienza la stessa può essere risolta mantenendo un approccio laparoscopico solo in rarissimi casi può richiedere la necessità di conversione laparotomica (<0,01%). Lievemente maggiore ma comunque estremamente contenuto il rischio di un sanguinamento addominale postoperatorio. Spesso trattasi di fenomeni autolimitanti che però possono talvolta a seconda dell’entità richiedere emotrasfusioni in associazione ad altra terapia medica. Rara la possibilità di reintervento. Più frequente ma comunque contenuto il rischio di un’eventuale raccolta ematica organizzata (ematoma o soffusione) nello spessore della parete addominale in prossimità delle cicatrici chirurgiche. Anche in tali casi trattasi di fenomeni generalmente autolimitanti che però possono talvolta a seconda dell’entità richiedere drenaggio percutaneo in associazione ad eventuale terapia medica. Rara la possibilità di reintervento.
Come per tutte le procedure chirurgiche inoltre va informata la paziente di un eventuale rischio di exitus estremamente remoto in associazione all’intervento e comunque rarissimo anche in caso di eventuali complicanze postoperatorie.
RISCHI SPECIFICAMENTE CORRELATI ALLA TECNICA LAPAROSCOPICA (rarissimi)
- Lesione di un grosso vaso arterioso o venoso.
- Lesione intestinale e conseguente peritonite.
- Embolia gassosa
- Enfisema parietale
- Pneumotorace
- Ernie da incisione
- Disseminazione cellulare da patologie non benigne
L’estrazione dalla cavità addominale di tessuti e/o organi sospetti per non benignità (es. miomi ad alta cellularità, utero di grosso volume, cisti annessiali dubbie) prevede l’utilizzo di dispositivi ad hoc (sacchetti o endobag dedicati di dimensioni idonee). Tale procedura consente di evitare la disseminazione di eventuali cellule neoplastiche in quanto le manovre chirurgiche (inclusa la frammentazione-morcellazione dei miomi o dell’utero) vengono effettuate all’interno del sacchetto che protegge ed isola le superfici peritoneali.
RISCHI SPECIFICAMENTE CORRELATI ALLA PROCEDURA CHIRURGICA (rari)
- Emorragia intra o post-operatoria con necessità di trasfusione (molto basso <1%).
- Danno ureterale (<1%).
- Danno vescicale (1%)
- Perforazione intestinale (<2%)
- Fistole intestino-vaginale vescico-vaginale o intestino-vescicale (2%)
- Deiscenza della sutura vaginale (4%)
- Danno neurologico (<1%)
- Infezione o erosione/migrazione di Mesh (reti)
Per danno ureterale si intende una lesione di continuo della parete dell’uretere con possibile fuoriuscita di fluido urinario in addome e spesso pertanto si associa a sintomi di peritonite. Può essere conseguente ad un danno termico o meccanico. Può essere necessaria una conferma radiologica contrastografica. Talvolta è risolvibile con il solo posizionamento di stent ureterale da mantenere in sede per alcune settimane/mesi altrimenti richiede un reintervento laparoscopico o laparotomico per toilette chirurgica e sutura o resezione (e reanastomosi o reimpianto) del segmento interessato. Anche in tal caso è necessario il posizionamento di stent ureterale e a seconda dei casi anche di catetere vescicale con permanenza in sede per qualche settimana. Per danno vescicale si intende una lesione di continuo della parete della vescica con possibile fuoriuscita di fluido urinario in addome e spesso pertanto si associa a sintomi di peritonite. Può essere conseguente ad un danno termico o meccanico. Talora può essere necessaria una conferma radiologica contrastografica. A volte in caso di lesioni molto piccole può risolversi spontaneamente con permanenza in sede di catetere vescicale per alcune settimane altrimenti richiede un reintervento laparoscopico o laparotomico per toilette chirurgica e sutura del segmento interessato. Anche in tal caso è necessario il posizionamento di catetere vescicale con permanenza in sede per qualche settimana.
La perforazione intestinale può verificarsi nella maggior parte dei casi entro pochi giorni dall’intervento. Consiste in una lesione di parete con conseguente possibile fuoriuscita in addome di contenuto intestinale e spesso pertanto si associa a sintomi di peritonite. È generalmente legata ad una sovradistensione delle anse intestinali e può essere conseguente ad un danno termico o meccanico. Richiede un reintervento laparoscopico o laparotomico per toilette chirurgica e sutura del segmento interessato qualora possibile spesso con necessità di stomia di protezione.
Per fistola si intende la neoformazione di un tramite di comunicazione anomalo tra due organi vicini ma normalmente separati può accadere tra intestino e vagina vescica e vagina o molto più raramente ancora tra intestino e vescica. Tale fenomeno comunque raro può verificarsi nell’immediato postoperatorio o anche più tardivamente. Può essere conseguenza di un danno termico meccanico infettivo/infiammatorio. In caso di fistola intestinale si può osservare l’emissione di aria e/o materiale fecaloide dalla vescica o dalla vagina in caso di fistola vescico vaginale si può osservare l’emissione vaginale di fluido urinario.
Talora può essere necessaria una conferma radiologica contrastografica. La risoluzione è generalmente chirurgica ma possono essere necessarie alcune settimane per la guarigione completa.
Per deiscenza della sutura vaginale si intende il cedimento parietale nella sede della sutura effettuata per la chiusura della cupola vaginale dopo isterectomia.
Tale fenomeno può verificarsi spontaneamente talora per sopraggiunti fenomeni infettivi o meccanicamente in seguito a rapporti sessuali soprattutto se la ripresa fosse più precoce di quanto consigliato (3 mesi). Se la lesione è di piccole dimensioni può risolversi spontaneamente con terapia medica altrimenti è necessario un reintervento con riparazione chirurgica per via vaginale o più raramente laparoscopica.
Danno neurologico. Le lesioni neurologiche permanenti sono rare ma più probabili in caso di chirurgia del parametrio per la fitta innervazione di tale area anatomica. Nonostante infatti vengano adottate sempre tecniche di chirurgia nerve sparing per minimizzare la possibilità di lesione delle strutture nervose la preservazione delle stesse non è sempre possibile soprattutto se interessate da patologia (per esempio endometriosi).
Ai fini del rischio di danno neurologico va considerato anche il potenziale ruolo della fibrosi postchirurgica in pazienti già sottoposte ad interventi ripetuti: la suddetta fibrosi alterando i normali piani anatomici rende la eventuale chirurgia successiva ancora più complessa e rischiosa.
Le Mesh (reti) utilizzate per la correzione dei prolassi uro-genitali possono raramente andare incontro ad infezione o erosione/migrazione. Nel caso di una non completa risoluzione farmacologica di tale complicanza postoperatoria talvolta può essere necessaria una ulteriore procedura chirurgica per la resezione o rimozione (parziale o completa) della rete stessa.